Oggi vorrei riprendere in mano un sentito tema quotidiano, ovvero il momento in cui la famiglia si riunisce a tavola: per la colazione, per il pranzo, e certamente nel momento più importante di fine giornata, la cena.
Avete i capelli già dritti?! Eh già, per molti di noi la gestione dei pasti quotidiani è puro stress, carico di tensioni, raccomandazioni, pressioni, e litigi, ahimé.
In realtà ne ho già parlato qui nel 2011 (magari dategli una ri-lettura veloce), sul blog della simpatica ed esplosiva Sonia, in arte Izn, concentrandomi allora soprattutto sulla questione dello svezzamento, elencandovi i più diffusi errori praticati fin dall’allattamento:
1) allattare/mangiare davanti alla Tv
2) dare da mangiare al bambino separatamente dal pasto famigliare
3) somministrare le super-mega-mescoloni-pappe coperte di Parmigiano
Vorrei ora, invece, allargare l’argomento a tutta la famiglia, grande o piccola che sia: madre, padre, figlio/figlia, nonni, cugini, parenti vari, amici e ospiti occasionali.
Come situazione di partenza ho in mente più o meno la seguente scena:
La Tv è accesa e si sente pure quella dell’appartamento della vicina anziana sorda; la madre corre fra cucina e tavola assaggiando ogni tanto qualche boccone (mentre sogna un’isoletta felice e tranquilla tutta per sè); il padre è assorbito dal telegiornale (e si preoccupa del suo lavoro-della politica-eccetera, senza dire una parola) pensando che vorrebbe solo stare sul divano in santa pace. Il ragazzo/ragazza adolescente non si stacca dal cellulare (FB, giochini vari, etc) mentre pensa rassegnato ai compiti da finire; un bimbo/bimba sui 3-4 anni gioca col cibo senza mangiare (in fondo non ha tanta fame e preferisce trastullarsi); la zia in visita aiuta in cucina lavando magari il piatto mentre si disquisisce sui “tempi di una volta”.
Descrizione stereotipata? Non vi riguarda? Siete single? O siete la famiglia del Mulino Bianco? O siete individualisti e mangiate ognuno con i propri tempi, magari in piedi in cucina o davanti alla Tv, o al computer?
Seguitemi lo stesso se ci tenete a salvare un pezzettino di valore dell’essere umani, perché la felice condivisione del cibo è alla base di una società sana, piccola e locale, regionale o mondiale.
Se la famiglia perde questo aspetto primordiale della cultura umana, perde le sue fondamenta. Senza la condivisione dei pasti, essa si trasformerà soltanto in asettica carta stampata nell’ufficio anagrafe.
Se nel regno animale troviamo la “formula alimentare base”; fame-ricerca di viveri-mangiare-saziarsi-stop, per l’essere umano (questo misterioso abitante sulla terra) vale in aggiunta il principio della cultura alimentare: una complicata miscellanea fra necessità (fame), scoperta del fuoco, ricerca della trasformazione e conservazione, potere del sapere scientifico, potere commerciale, fino alle recenti mono-colture alimentari delle multi-nazionali, minacciando le meravigliose bio-diversità regionali e nazionali. Last but not least, il preoccupante dato che circa la metà del cibo industriale prodotto viene buttato: alla faccia della fame e denutrizione in vaste aree del nostro folle mondo.
In origine quasi tutto era condiviso nel bene (raccolta ricca) e nel male (fame): lavorare la terra, lavorare il proprio appezzamento di terra, condivisione della caccia, condivisione della trasformazione del raccolto, la conservazione, la distribuzione regionale; e infine la condivisione a tavola, preceduta tradizionalmente da un ringraziamento o una preghiera di gratitudine per il pasto quotidiano. Mi ricordo bene anch’io da bambina la preghierina dovuta, prima di potersi tuffare sul cibo, affamàti.
Oggi il “sacco” con cui si raccoglieva il cibo in natura è mutato nel carrello del supermercato; il naso che annusava i frutti della terra è stato sostituito dalle tabelle degli scienziati-esperti; e le mani che lavoravano la terra volano ora sui tasti del computer per cercare ciò che consigliano i “Guru dell’alimentazione” di turno.
Lo sapevate che i banchi di frutta e verdura fresca sono sempre posti all’ingresso del supermercato, proprio per soddisfare il vostro antico “cervello di raccoglitore”, suggerendovi forza, natura, profumi, colori, abbondanza e bellezza!? Nulla è lasciato al caso in un supermercato.
La tavola risulta quindi una cartina tornasole per ogni società. Osservate ciò che succede nelle cucine e nelle mense(!) e come ci si comporta a tavola, e capirete il gusto-disgusto per la vita di una società.
Ovviamente ci sono altri indicatori interessanti: il *come* si nasce, il *come* si muore, il *come* si tratta il contadino, il *come* ci si rapporta con le altre forme di vita sulla terra, il *come* si educano i bambini… ma la cucina e la sua tavola sono sicuramente il caloroso cuore battente di ogni cultura umana.
Dove si incontrano fra loro le persone che devono prendere decisioni, conoscersi, stipulare contratti e risolvere questioni? Ebbene, proprio a tavola: perché con la pancia vuota si ragiona piuttosto male, si è impazienti, irritati e distratti.
Al di là del fatto che la tavola sia povera, ricca o lussuosa possiamo individuare due macro-gruppi:
- tavola rotonda, senza un evidente capotavola; pensiamo, per esempio, a quello di Re Artù, simbolo eccelso dell’uomo che cerca se stesso nella condivisione con gli altri. Ma pensiamo anche a un semplice pic-nic, o all’abitudine in molti paesi di stare seduti tutti intorno al fuoco, oppure alla ciotolona grande con il cibo da dove ci si serve direttamente con le mani.
- tavolo lungo e quadrato con un evidente capo-tavola: re e regina, patriarca, capo-gruppo, capo-famiglia, capo-cantiere, capo-azienda, capo-…, come anche la coppia degli sposi, il festeggiato del compleanno. Ma questo succede poche volte all’anno! Il classico capo-tavola nasce probabilmente nel sistema patriarcale dove il capo è il riferimento assoluto: punto. Fortunati gli altri se era uomo di coscienza, di lungimiranza e di saggezza: gloriose eccezioni come risulta dalla lunga storia umana. Di solito era capo e basta, ciò significa che gli *altri* dovevano stare zitti ed eseguire. Che fosse il re o il capo-famiglia dei contadini o capo-ladro dei sobborghi faceva ben poca differenza.
Ma torniamo ora al nostro quotidiano: il nostro *oggi*.
Càpita non raramente che il capo-tavola sia il nostro meraviglioso bambinetto di turno, specie se primo-genito o figlio unico; ma anche un secondo o terzo figlio riesce a volte a dominare la scena e le dinamiche dell’intera tavolata. Facilmente un papà capo-ufficio, direttore di azienda (abituato a dirigere) non riesce a gestire la situazione del figlio in subbuglio a tavola, nè da solo, nè assieme alla sua partner o moglie.
È doveroso farsi qualche domanda! A mio avviso i genitori sono semplicemente ed inesperti (quindi insicuri), in quanto loro stessi vittime di un sistema educativo per il quale il bambino viene servito, complimentato e adorato senza limiti, inondato di regali e leccornie, insomma eletto fin da piccolissimo a principino o principessina.
Dal capo-famiglia al capo-rampollo che strilla, rifiuta il cibo, butta tutto per terra e vuole scendere dal seggiolino (scenario estremo, per fortuna non la regola) il passo è breve.
Mi riallaccio ancora all’immagine iniziale: il padre col telecomando, la madre cuoca-volante-brontolona, i figli grandi col cellulare… e il nostro rampollo con le sue performance di turno. Fiuuuuu…
Come siamo quindi arrivati a tutto questo ?
Le radici del problema sono senz’altro molteplici: adulti perennemente stressati, spesso loro stessi immaturi e ansiosi (in quanto poveri di esperienze pratiche e multiple di vita), nonni moderni (ansiosi, Tv-dipendenti e privi di pratica saggezza), perenni stress uditivi (il nostro mondo urla ovunque), mancanza di movimento sano (correre in un prato), cibo e bevande neuro-eccitanti, farmaci soppressivi, e last but not least “educatori” in ogni dove.
Completamente mancanti sono invece momenti di auto-sperimentazione che permetterebbroe di imitare, per esempio, altri bambini di età superiore: insomma, manca la classica “tribù mista”.
Per motivi di spazio ho semplificato, e per fortuna non tutti gli elementi elencati sono in genere co-presenti; ma la tendenza è purtroppo questa, anche se, va detto, ci sono parecchie famiglie consapevoli, che riescono a staccarsi da questo modello estremamente negativo e diseducativo.
Passiamo quindi ai consigli pratici: come uscire da certi circoli viziosi
A mio avviso è più facile di quanto sembri. Secondo la mia esperienza è utile aggiungere esperienze nuove alle già avviate e incallite, per perseguire un naturale gusto al cambiamento, per il semplice fatto che tutti saranno poi più contenti.
Eccovi qualche idea da sperimentare:
- pic-nic all’aperto con 2-3 nuclei familiari, amici, zii, nonni della porta accanto; chi ha coraggio può proporlo anche nel condominio per cui tutti portano qualcosa da casa rigorosamente fatto con le proprie mani e chi non ci sa fare organizza qualcosa di fatto a mano nella propria cerchia familiare (nonne, zie, vicine di casa, amici).
- pic-nic per terra in casa, perché no?! La prossima domenica che piove fate la colazione verso le ore 9 nel bel mezzo del salone, e i bambini arredano: cuscini per terra, una bella tovaglia colorata, cibo in tante ciotoline, approfittate per portare “in tavola” cose nuove: olive, pinzimonio, uova sode, tahin, frutta secca, frutta fresca, una macedonia. La colazione sana è ricca, salata e dolce. Condivisa. Altro che tè o latte con i biscotti. Invitate una o due persone per creare un’atmosfera di chiacchiere e condivisione. La nonna coi reumatismi o il babbo con la sciatalgia possono stare in poltrona, e i bambini possono servire loro quel che desiderano. E sarebbe stupendo che qualcuno suonasse nel frattempo anche uno strumento musicale.
- organizzate un incontro in un agriturismo, prenotate un grande tavolo per 2-3 famiglie e amici. Concordate con la cucina prima (!) il cibo per tutti (nessun ordine individuale!); tutto viene portato sul tavolo in contemporanea,e ognuno si serve quel che desidera. Questo faciliterà gli assaggi e la condivisione. In fondo è una variante del pic-nic a casa.
- mandate i vostri figli in famiglie che approvano questo tipo di approccio, e ospitate i loro figli per il medesimo esperimento.
- evitate accuratamente la cena classica dove cucinate da soli; molto meglio radunare 2-3 cuochi volenterosi che cucinano assieme, oppure come piace a me: ognuno porta del buon cibo preparato a casa, chi ospita mette i piatti e qualche delizia o semplicemente il servizio-lava-piatti. Insomma vi mettete d’accordo secondo i vostri gusti e preferenze.
- un consiglio per le mamme: coltivate la sorellanza fra donne di tutte le età e tutte le etnie. Ogni vera amica si farà un po’ vice-mamma per il vostro figlio: sta nella natura femminile. Diventa un po’ come nelle favole, quando arrivano le tre fate con il loro personale augurio (e non tiratemi fuori adesso la fata cattiva!). L’amica vera avrà piacere di ospitare vostro figlio (magari grandicello) ogni tanto alla sua tavola e per voi è uno in meno a desinare!
- un consiglio per i papà: associatevi con altri padri e portate i vostri figli in piscina oppure a vedere i cavalli, gli asini, o le mucche al pascolo (sarà un po’ dura trovarlo ‘sto pascolo, ma siete uomini, quindi datevi da fare: le mucche al pascolo hanno anche qualche padrone su internet). Dopo, si mangia al sacco con quello che c’è, magari in macchina modello-super-basic, senza tanti extra (come tenderebbero a fare le mamme). La vostra partner/moglie sarà felice! Se invece non si fida, o è eccessivamente ansiosa, o non vuole mollare il controllo su tutto (morbo piuttosto grave e diffuso), provate a convincerla a farvi partire lo stesso: farà bene a tutti.
Lo scopo di questi piccoli consigli è la sperimentazione di co-presenza, di co-divertimento, quindi di con-divisione; nella speranza che tutti desiderino portarlo nel proprio quotidiano, ancorandolo nella propria memoria emozionale: la memoria che detta legge per tutta la nostra esistenza.
Come chicca finale vi allego questa bella metafora sulla vita in paradiso, e ovviamente anche all’inferno:
“Un brav’uomo ebbe un giorno modo di incontrare Dio e gli disse: Signore, mi piacerebbe vedere un attimo il Paradiso e l’Inferno. Così Dio condusse l’uomo curioso verso due porte. Aprì la prima e lo invitò a guardare all’interno. Al centro della stanza c’era un enorme tavolo rotondo.
Sul tavolo, al centro, si trovava un grande recipiente colmo di cibo dai profumi appetitosi. L’uomo sentì subito l’acquolina in bocca. Ma le persone sedute al tavolo erano magrissime, dall’aspetto infelice e malsano. Tutti erano visibilmente affamati. Avevano dei cucchiai dai manici lunghissimi direttamente attaccati alle loro braccia. Tutti potevano raggiungere il piatto di cibo e raccoglierne, ma poiché il manico del cucchiaio era più lungo del loro braccio, non riuscivano a portare il cibo alla loro bocca. L’uomo tremò alla vista della loro miseria e delle loro sofferenze, e Dio disse: Ecco, hai appena visto l’Inferno.
Allora si diressero verso la seconda porta; Dio l’aprì. La scena che l’uomo poteva osservare era identica alla precedente. C’era la tavola rotonda, il recipiente pieno di cibo delizioso che gli fece ancora venire l’acquolina. Le persone avevano anch’esse i cucchiai dai lunghi manici. Ma stavolta erano ben nutrite, felici e chiacchieravano tra di loro con piacere. L’uomo si rivolse a Dio: Ma non capisco!
Semplice — rispose Dio — dipende solo dall’abilità. Queste persone hanno imparato a nutrirsi reciprocamente, mentre gli altri non pensano che a se stessi”.
Chiudo, contando su qualche vostro commento. Idee, esperienze proprie, e suggerimenti sono come sempre ben accolti e utili.
Questo articolo capita a proposito, perché solo due sere fa, osservando il nostro terzetto (io, mio marito e la nostra bambina) a tavola durante la cena, tra me e me ho pensato quanto fossero belle le nostre cene, e che bel risultato abbiamo ottenuto con le nostre scelte: tranquille, senza televisione (non l’abbiamo per scelta), ma spesso con un sottofondo musicale, e noi tre che chiacchieriamo, insieme, visto che la pargola ha ora 5 anni e partecipa molto attivamente raccontando le sue giornate all’asilo, proprio come noi “grandi” ci raccontiamo le nostre. Mi sono anche augurata che questa abitudine acquisita, questi aneddoti riferiti ora in modo buffo, ma articolato, diventino pian piano le chiacchiere scambiate con una ragazzina, poi con una ragazza e poi con una donna.
Mi sono anche chiesta che reazione avrà e cosa ci racconterà, quando sarà un po’ più grande e ancora più in grado di fare valutazioni, tornando a casa dopo un pranzo o una cena da qualche amichetto/a che vive dinamiche familiari diverse, più simili agli scenari descritti in questo bell’articolo.
Cara Valeria, anche il nostro ‘quartetto’ appartiene al ‘tipo’ della tua famiglia :-)
Ti posso dire che le soddisfazioni che arriveranno sono confortanti: nostro figlio più grande (ora 16enne) ha già portato a casa numerosi ‘racconti’…. ehm… raccappriccianti…, dopo aver trascorso pranzi dopo scuola (o cene) dai compagni… Mai sotto forma di critica negativa verso gli altri da parte sua, bensì di soddisfazione e orgoglio verso le sue-nostre abitudini, come segue: “Come siamo fortunati noi senza la televisione e a mangiare cibo buono e sano!”
Per contro arrivano anche certe delusioni: il primo anno di liceo, ad esempio, si volle organizzare la cena di classe di fine anno coi ragazzi-e e i genitori e fratelli-sorelle. Essendo, quell’anno, mio marito uno dei due rappresentanti di classe, dopo aver ‘convinto’ quell’altro padre, abbiamo prenotato la cena e definito-stabilioto il menù (e prezzo) presso un noto ristorante biologico della nostra città…. (che noi frequentiamo spesso). Un modo per fare cultura in quel senso…
Serata per noi carinissima, cibo celestiale (insomma noi, della nostra tribù, siamo stati benissimo!!).
Uhhhhh, Valeria, invece, quaaaaante critiche ricevute…., sia prima, che durante, che dopo. Qualcuno (sia tra i genitori che tra i ragazzi) ha ‘minacciato’ che “la prossima volta si DEVE andare in pizzeria” (…bella roba! Mi hanno riferito, tra l’altro, che per TV, proprio recentemente, la giornalista Gabanelli ha fatto ‘un bel’ quadretto sulla qualità degli ingredienti delle nostre pizzerie ‘tradizionali’!!!).
Da allora (3 anni fa) nessuno ha organizzato più nulla…
Circa la secondo-genita (ora 8enne), dopo che fu organizzato un pranzo di classe il primo anno delle elementari a fine anno, ‘al-lu-ci-nan-te’, in un ristorante che ha il coraggio di autodefinirsi ‘agriturismo’ pur in mezzo alla campagna, ho proposto l’anno scorso di organizzare un divertente-colorato-creartivo pic-nic (sempre di fine anno) “stile-Sabine”, pensando a un noto parco come location. Solo UN papà accolse bene l’idea e propose addirittura di farlo nel suo grande giardino. Ma… fu l’unico (insieme alla moglie) ad avere l’entusiasmo per tale iniziativa…
In compenso quel pranzo non si è proprio fatto (…alla faccia del desiderio di co-presenza e con-divisione! evidentemente è un rito, quello del mangiare insieme con certe caratteristiche ‘ancestrali’, che rischia davvero di essere perduto…)
Del resto, cara Sabine, un pic-nic richiede impegno, dispendio di energia, fantasia, tempo, novità, cambiamento, “responsabilità”: troppa fatica per i più, e anche demodè… ?
Ehhhhhhhh!
Bè, ora abbiamo uno strumento in più: il nuovo post della magica Sabine!
DANKE! SMACK!
Ciao a tutti!
:-)
La metafora su paradiso e inferno è tua?
Articolo assolutamente meraviglioso e più centrale di quel che potrebbe a molti sembrare a prima vista. Grazie sempre di tutto.
tiziano solignani, da iOS – http://blog.solignani.it
Grazie Valeria per queste belle riflessioni. Avete fatto un’ottima scelta. Quando la bimba mangiarà ad’una tavola più “classica” (Tv, rumore, deficit di ascolto, cibo industriale, etc) non farà altro che dire; “Mamma a casa di “X” hanno strane abitudini”,… poi ne parlerete, vedrete i pro (?) e i contra… e la bimba rimarrà senz’altro affezionata al vostro “modus vivendi”.
Sono convinta che il vostro “stile” piano piano verrà acquisito anche da altre famiglie. Siamo in un periodo di scelte profonde; fare la “pecora-egoista-consumista” oppure “fare del bene per se e per gli altri”… that’s the question!
:-)
Grazie Silvia per questi racconti della vostra certo non noiosa vita quotidiana con 2 figli scolarizzati. Ne parliamo spesso anche in ambulatorio con le mamme, ma qualcosa si muove… in certe mense hanno rimesse i piatti di porcellana (era veramente ora!). Immagina il mucchio di plastica di una scuola qualsiasi dopo un solo mese. IRRESPONSABILE, anche come esempio educativo negativo verso i bambini che assistono allo spreco del cibo non consumato, poi in classe imparano magari esattamente il contrario.
Il mio ideale è un gran buffet… e i bimbi imparano a servirsi da soli!…
Possiamo solo migliorare ;-)
Salve Fabio. No, la metafora ha origini direi ignote. Si tratta comunque di un racconto probabilmente molto antico e deriva da oriente. A volte viene indicato Gandhi come autore, ma penso che lui semplicemente la amava e quindi la citava.
Grazie del “commento centrato” Tiziano
La tavola è una metafora universale sulla convivenza-cosciente :-)
Silvia che bello! mi rincuora che ci siano 16enni come il tuo! in giro vedo solo adolescenti (e anche pre adolescenti, se è per questo) cellulare-dipendenti, e sono preoccupata per come affronterà la sua “diversità” nostra figlia… per ora sto cercando di inculcarle il pensiero che “diverso” è bello perché unico e di conseguenza di grande valore.
Abbiamo bisogno di un profondo cambiamento culturale!
Dice Sabine “Possiamo solo migliorare” io dico “DOBBIAMO migliorare“!
Grazie, sapresti anche indicarmi un suo testo in cui la cita?
Ciao Sabine,sono mamma di due figli ,un maschio di 10 anni ed una femmina di 8 e mezzo.
Impastiamo e cuciniamo insieme quando possiamo,quando scuola e impegni non lo consentono cucino io,pane fatto in casa,verdure, cereali di tutte le forme ed i colori,le uova delle galline felici ecc..una cucina consapevole la nostra,ci sediamo a tavola tutti e quattro per la colazione e la cena con attenzione a che sia una tavola bella da vedere e buona da gustare.La tv nemmeno la prendiamo in considerazione,casomai della buona musica,ognuno libero di raccontare ascoltare domandare. Eppure la mia bambina spesso e volentieri trova i piu improbabili pretesti per creare il caos,la colazione si salva ma la cena non scorre serena come tutto farebbe pensare….
Purtroppo credo che non sia cosi automatico che ad un comportamento consapevole segua una risposta altrettanto serena!
Per quanto riguarda la mensa scolastica,ritengo sia uno dei fallimenti del tempo pieno della scuola italiana. Il cibo viene messo obbligatoriamente nel piatto anche se il bambino dice che non lo desidera,tanto poi lo puoi buttare gli viene detto,la mia bambina spera sempre ci sia sciopero della mensa perche in quel caso si puo portare il pranzo da casa,significativo vero!!!!!
Leggo sempre con grande interesse i tuoi scritti anche se a volte ti seguo in maniera silenziosa.Nelle tue parole ho spesso trovato spunti per riflessioni ed approfondimenti e da quando diverso tempo fa ho acquistato il tuo libro IL sale fa bene mi sono spesso ritrovata a regalare barattoli di sale ,quello vero !!!!
Marcella
Salve Marcella; uno dei problemi attuali è il fatto che i nostri figli sono stanchi/sfiniti a livello mentale… ma difficilmente a livello fisico! La consueta iper-stimolazione mentale della nostra società non trova (di solito) un suo correspettivo nel movimento/sfinimento fisico.
Poi ci rimane comunque una bella fetta di bambini che sarebbero super-attivi pure vivendo in mezzo ai boschi…stile Pippicalzelunghe ;-) Forse vostra figlia è di quel stampo!?
La questione “mense” è semplicemente vergognosa… e triste specchio sul degrado del “gusto italiano” imposto dall’alto.
Ehhh, il sale vero… non lo compro mai; me lo regalano spesso i miei pazienti; me lo portano da tutto il mondo; per me ogni volta un *gesto stupendo*.
Fabio,
siamo off-topic,… non sono certamente una “enciclopedia universale”. Poteva invece essere interessante confrontarsi sul *contenuto* della metafora paradiso/inferno.
Domande poste senza contestualizzazione hanno per me il gusto della “insalata in idrocoltura” :-)
La mia era una semplice richiesta, non una critica. E’ proprio perchè apprezzo il contenuto di quella metafora che vorrei avere qualche riferimento più preciso. Di lavoro faccio lo psicoterapeuta e mi piace poter citare le fonti dei materiali che condivido. Grazie lo stesso.
Fabio, in realtà ho cercato ieri in rete -anche sui siti tedeschi- ma senza risultato.
Piace pure a me citare la fonte esatta, ma spesso risulta difficile. Internet purtroppo pecca in questo; sui libri è normale e buon uso citare le fonti con acribica precisione.
Di questa metafora ho trovato almeno 4 versioni diverse, senza modificare il messaggio ovviamente.
Ma non perdiamoci d’animo… forse la troviamo “per caso”… poi la segnaliamo come post scriptum ;-)
Eh si la mia bambina e’come una puledrina selvaggia,non a caso ama i cavalli….
D’accordo, proviamoci!! :)
grazie Sabine per questo post e per lo spunto di riflessione. Da poco hai visto i miei due bimbi di 2 e 6 anni, ma anche con gli altri vorrei condividere una riflessione su questo argomento, partendo anche da quello che ha scritto Marcella.
Condivido pienamente i tuoi consigli e, almeno in parte, a casa nostra i presupposti sono coerenti con quanto scrivi (niente tv, cibo sano, momento di condivisione,…) ma le nostre cene sono spesso un caos! La piccola non ha voglia di stare seduta, il grande spesso non apprezza quello che c’è in tavola e cercando di contenere la situazione a volte non riusciamo nemmeno a parlare tra di noi. Un pò troppo spesso ho la sensazione che la fatica e il tempo che investo tra la spesa km0 e bio, la preparazione di cose fatte in casa, il recupero del caos dopo cena superino il gusto di condividere il pasto!?
Non demordo, nella speranza che la causa sia prevalentemente legata alla giovanissima età dei bimbi!
buon appetito a tutti!!
Cara Valeria,
nostro figlio ha un cellulare per sua scelta ‘basic’ (da 50 euro se non meno…) da quando ha iniziato le scuole superiori, perchè lui stesso sosteneva che prima non ne aveva bisogno (ed era vero di fatto…). Mi riferisce sorridendo, ogni tanto, che i compagni spesso ‘lo prendono in giro’ (credo però con affetto, perchè è persona che si fa volere bene, ed è stimato) per non avere il modello ‘all’ultimo grido’ come tutti loro, ma lui ci ride sopra con ironia, dicendo loro che hanno ragione, ma che non gliene frega niente… visto l’uso limitato che ne fa.
Ci tengo anche a sottolineare, Valeria, che in casa il televisore c’è, ma da 4 anni abbiamo deciso all’unanimità di non essere più ‘collegati’ ai canali vari… Quindi i miei due figli il (solo) sabato sera, o il sabato pomeriggio a seconda, e anche tutti e quattro, si guardano/ci guardiamo bellissimi dvd. Poi, non so se lo sai, ma alle scuole superiori gli studenti devono avere il collegamento a Facebook, perchè la scuola usa quello strumento per le comunicazioni varie. Ora poi è stato istituito anche ‘il registro elettronico dei voti’, per cui devono avere il collegamento a internet comunque. I tempi sono decisamente cambiati rispetto ai nostri: l’importante è dare il giusto valore alle cose, e non perdere mai di vista le poche cose che davvero contano: i valori della vita. Ecco, credo che il nostro compito di genitori sia proprio questo, avere cioè la capacità e la forza di trasmettere loro certi ‘strumenti’…, poi saranno i nostri figli stessi a decidere come muoversi nel mondo….
Ti saluto caramente!
Grazie Silvia! mi sento ancora più rincuorata perché è quello che spero di riuscire a fare io con mio marito: insegnare a nostra figlia a dare il giusto peso alle cose, avere tutti gli strumenti per riuscire a confrontarsi con gli altri e farsi apprezzare per quello che è non per quello che ha, e avere una serenità tale da permetterle di affrontare le situazioni con ironia e leggerezza, proprio come fa tuo figlio!
un caro saluto anche a te :o)
Mi ha attratto un libro la settimana scorsa mentre ero in libreria a gironzolare ‘senza uno scopo preciso’ (è la mia strategia personale… in genere faccio così…, poi sono i libri stessi ad addocchiarmi…), che subito mi ha rimandato a questo bel (e potente) post della Sabine: “IL PRANZO DI MOSE'” di Simonetta Agnello. Della tenuta di famiglia da più generazioni nella campagna di Agrigento in Sicilia, Mosè appunto, l’autrice classe 1945 (che vive a Londra), pone la luce sulla loro tradizione radicata del convivio e dell’ospitalità durante i pranzi a tavola, o all’aperto (del passato, e ora solo d’estate per le vacanze in Sicilia). L’ho comprato. L’ho letto. Una dolce carezza… Alla fine si trovano anche interessanti antiche ricette siciliane!
Andi, grazie del racconto. Sicuramente l’età fa una certa diffirenza.
Quando ero molto piccola si stava a tavola come i soldatini… perchè mio padre era piuttosto autoritario (come del resto in tutte le famiglie) ed io e mia sorella facevamo “le brave”. Le punizioni erano abbstanza chiare e standard; si andava a letto prima…e senza cena.
Oggi dobbiamo trovare un modello nostro.
Secondo me è già molto se la TV non urla e la Mamma è appena tornata da un “week-end-Zen” ;-)
Grazie Silvia del suggerimento veramente interessante. Pure io compro i libri con questo geniale “sistema”. L’unico problema è la quantità dei testi che mi attirano!
Tant’è che leggo ormai solo saggi e mai romanzi… perchè posso apprirli a caso e regalarmi qualche veloce capitolo edificante :-)